Diversi studi scientifici hanno preso in considerazione il rapporto tra il caffè e gli anziani, analizzando in particolare i benefici che la bevanda è in grado di fornire alle persone della terza età. Dagli studi sono emersi risultati interessanti che cercheremo di analizzare insieme in seguito.
Caffè: un alleato per la mente delle persone anziane
Uno degli studi ha analizzato l’impatto del caffè sul cervello degli anziani, dimostrando che dopo cinque minuti dall’assunzione della bevanda, la caffeina penetra nei liquidi tissutali e dopo mezz’ora riesce a stimolare l’attività della mente. Uno dei primi benefici rilevati dunque è quello relativo alla capacità della bevanda di stimolare il benessere mentale del soggetto, aumentando le capacità cognitive e di reazione.
Gli studi sull’impatto del caffè sul cuore degli anziani
Qual è il rapporto tra il caffè e il cuore degli anziani? La domanda è stata presa in considerazione dalla Stanford University in California, la quale ha avviato uno studio su un gruppo di over 60 e ha dimostrato un collegamento tra i processi infiammatori, alla base dei problemi di pressione alta e restrizioni dei vasi sanguigni, e l’assunzione della bevanda.
Pertanto, bere caffè regolarmente permette di ridurre le infiammazioni del proprio corpo e al contempo diminuire il rischio di sviluppare problemi al cuore. Tuttavia, è bene specificare che il consumo di caffeina non deve avvenire nelle 48 ore prima degli esami della pressione, altrimenti si rischia di ottenere diagnosi errate
Caffè e diabete
Lo studio dell’Harvad School of Public Health di Boston ha invece dimostrato un collegamento tra l’assunzione di caffè e la riduzione del rischio di insorgenza del diabete di tipo 2. Nello specifico, questo beneficio si deve alla presenza nella caffeina di un antiossidante naturale, chiamato acido clorogenico, il quale permette di diminuire il livello di glucosio nel sangue. Grazie a queste proprietà, il caffè consente anche di proteggere il fegato e contrastare le conseguenze della cirrosi alcolica e non alcolica sul nostro organismo.
Caffè e malattie neurodegenerative
Le proprietà neuroproettive contenute nei chicchi tostati contribuiscono a ridurre il rischio di incorrere in malattie neurodegenerative, come ad esempio l’Alzheimer o il morbo di Parkinson. Ad essere responsabili di questo vantaggio sono soprattutto i polifenoli, i quali permettono di una maggiore protezione dai danni ossidativi.
Il caffè mantiene giovani
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Coventry ha pubblicato uno studio al meeting di Salisburgo della “Society for Experimental Biology” che dimostra che l’assunzione di caffeina permette di migliorare le prestazioni dei muscoli negli anziani. In particolare, la ricerca è stata condotta sui topi con diverse età e ha trovato un collegamento tra il bere il caffè e una miglior salute dei muscoli degli animali.
Il caffè fa bene agli anziani, ma attenti ad esagerare
Dunque, come abbiamo visto, sono tanti gli studi che dimostrano i benefici derivanti dall’assunzione del caffè da parte degli anziani. Tuttavia, i tanti vantaggi che si possono ottenere non devono spingere a consumare eccessivamente questa bevanda. Soprattutto le persone della terza età devono assumere caffeina in modo moderato, in maniera tale da non incorrere in alcun conseguenze. Anche in questo caso ci sono numerosi studi che dimostrano che un eccessivo consumo di caffè negli anziani inficia negativamente sui risultati degli esami per l’ipertensione, con il rischio di non curare bene la patologia. Nello specifico, uno studio canadese per dimostrare questa relazione ha preso in considerazione un gruppo di 13 persone over 50. Il risultato è stato che i soggetti non assumevano caffè per due giorni, al consumo di una tazzina dopo questo periodo di tempo corrispondeva un aumento notevole della pressione sanguigna per alcune ore.
Inoltre, è stato studiato anche che anche piccole dosi di caffeina tendono a far diminuire l’efficacia dei farmaci per il trattamento della pressione alta. Per ottenere l’effetto precedente è necessario raddoppiare la dose del farmaco, ma questo è altamente sconsigliato in quanto aumenterebbe il rischio di incorrere in effetti collaterali.